Colorare con le dita!

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Fino ad ora, per i loro capolavori, il Tigre e la Pulcetta hanno utilizzato pastelli a cera, pennarelli a spirito e acquerelli. Questi ultimi sono sempre stati fra i loro mezzi preferiti: i bambini impazziscono all’idea che, aggiungendo un po’ di acqua ad una pasticca, si può creare una bellissima scia colorata. (In effetti tutti i giochi in cui c’è di mezzo l’acqua li tiene occupati per almeno un quarto d’ora).
Guardando dei siti di blogger molto brave (anche come mamme!), ho capito che dovevo osare.
Soprattutto, dopo aver visto alcuni lavoretti che Giada di quandofuoripiove e il suo Puki riescono a realizzare, allora mi sono sentita una codarda e ho detto a me stessa: e’ arrivato il momento delle tempere.
In effetti, mi sono resa conto che non avevo mai fatto utilizzare questi colori (con i quali si possono fare tante cose, oltre che un semplice disegno) solo per paura dei possibili danni all’ambiente domestico! E cioè: mani imbrattate sui loro letti, sui loro piumoni, a sfiorare i muri e così via. Inoltre, sapevo già che non avremmo di certo potuto utilizzare le tempere in presenza di Stoik, in quanto è un caro padre, ma è uno che proprio a certe cose non e’ abituato. E questo era un altro deterrente che pesava sulla scelta di altri tipi di colori. E così, bando alle remore, sono andata nella prima cartoleria vicino casa e ne sono tornata con il primo timido pacchettino di colori a dita per il Tigre e per la Pulcetta.
Il primo a utilizzarli e’ stato il Tigre: sorpreso all’idea di utilizzare le mani a posto dei pennelli, ci ha pasticciato un po’ e, a lavoro finito, si è sentito soddisfatto.
La Pulcetta, invece, ha continuato, felice, dal foglio di carta fin sopra il suo corpo:

Il problema e’ stato, poi, convincerla a pulirsi!

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Sovrapposizione di personalità nei quasi gemelli

“Che gionno e’ ozzi?” “Mercoledì, Pulcetta”, ” e s’è cuola?”, “si, Pulcetta”. “Nooo. Non si voglio andare! Nooo!”
A questo punto è già scesa dalla sua sedia per la colazione e il dramma va avanti sul pavimento.
Da qualche mese, al mattino, questa e’ la scena di cui siamo partecipi.
Continua con calci e graffi al genitore a cui tocca vestirla. E con strepiti al momento di mettere il giubbotto.
Inizialmente, volavano frasi quali ” Basta! State troppo con noi! Ormai siete grandi! Bisogna andare a scuola senza piangere!”.
Poi, un pomeriggio, guardando qualche foto sul computer, me ne cade una sotto agli occhi: ad Ottobre, al nido, avevamo chiesto di fare una foto al gruppo della Pulcetta per darla in ricordo ad una bimba che si trasferiva in America. Tutti i bambini di quella foto fanno parte adesso del gruppo del Tigre. Tutti tranne la Pulcetta. Intanto mi arrivano delle altre foto dal nido in cui la Pulcetta e’ attorniata da bimbi che addirittura stanno addosso alle educatrici: il suo nuovo gruppo.
Capisco che, mentre fino a novembre, quando evidentemente questi gruppi non erano stati strutturati, la Pulcetta aveva un certo piacere ad andare a scuola, adesso proprio non ne vuole sentire. Per dirla con parole e sentimenti da adulto, probabilmente si sente separata dalle sue amichette.
Il giorno dopo la tranquillizzo dicendo che avrei detto alle educatrici di farla stare con il suo vecchio gruppo e va a scuola come una che sta subendo, ma senza piangere.
Mi metto al telefono con la psicoterapeuta infantile proprietaria del nido. Mi rigira la frittata da tutte le parti, dicendomi che la Pulcetta e’ più piccola dei compagnetti del suo vecchio gruppo di tre mesi; che al nido non mostra minimamente disagi; che i momenti passati a giocare tutti e due i gruppi assieme sono tanti. E poi tira fuori quella che reputa una buona carta: “Non e’ che lei starebbe più tranquilla se la Pulcetta stesse nello stesso gruppo del Tigre, visto che l’anno prossimo vuole portarli entrambi alla scuola pubblica?” Mi chiede. “No, non ho mai parlato del Tigre. Le sto parlando di un disagio della Pulcetta”.
Questo nido e’ molto costoso ed è frequentato o da persone che si ispirano alla semplicità (pochissime) o da persone “fighe” che cercano il posto d’élite (la maggior parte). Quando lo scelsi lo feci per la semplicità della struttura: muri bianchi, parquet chiaro e mobilucci montessoriani in legno. Ma non sapevo (ahimè!) a cosa andavo incontro.
Accoglie bambini fino ai quattro anni di età, per cui il Tigre, che li compirà a marzo ed è di gran lunga il più grande del suo gruppo, dovrà andare via l’anno prossimo. La Pulcetta che compirà tre anni ad aprile potrebbe restare un altro anno ancora.
Ecco, la psicoterapeuta al di la’ di tutte le teorie psicologiche, vede nella Pulcetta una cliente sicura per l’anno prossimo, in cui sa già che le iscrizioni, a causa della crisi, diminuiranno ancor di più.
Alla fine, butta giù la carta decisiva: “Però quando è con i piccoli, la Pulcetta gioca tranquilla. Quando i due gruppi si incontrano, rientra nella sfera del fratello e gioca come gioca lui. Vogliamo aspettare che sia la Pulcetta a far venir fuori la sua voce e sia lei a chiedere questo bisogno di volere andar con le sue amichette?”
Di fronte a questo una madre assennata che deve fare? Ok, aspettiamo. E’ giusto che la Pulcetta impari a chiedere da se’ le cose. Anche se è una timidona. Anche se deve forzare il suo carattere. Anche se ha solo due anni. E poi la dottoressa ha toccato un tasto sensibile per una madre di quasi gemelli: la sovrapposizione delle personalità. Mai e poi mai vorrei che la mia bambina non tirasse fuori il suo carattere per aver sempre avuto troppo a modello suo fratello. E questa è una possibilità che mi spaventa troppo.
Dopo il sabato e la domenica passati assieme, la Pulcetta è tornata a piangere per non voler andare al nido. I bambini hanno le loro risorse e anche la Pulcetta troverà le sue. Ma perché farle perdere il piacere di vedere il nido come un posto piacevole?

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La scelta della scuola materna: conoscere l’insegnante

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Le preiscrizioni sono già aperte o stanno per aprirsi in tutte le scuole. Le mamme scalpitano. I giochi sono quasi fatti.
Telefonate, scambi di opinioni sui colloqui con le future maestre, riflessioni.
Gruppi di bambini da tenere rigorosamente assieme per i prossimi sette anni.
Una mamma, sapendo che sarei andata a conoscere la maestra tanto ambita, mi chiede di “stilare delle domande per arrivare più preparate al colloquio”!
In effetti, avevo stilato delle domande nel mio ultimo post e così la faccio partecipe. Leggo sul suo viso un’espressione di non troppo dissimulata delusione e un pizzico di scherno (“questa e’ un po’ scema”). Il che mi fa pensare ancora di più che le mie domande sono troppo ingenue per poterle porre all’insegnante di una materna pubblica di una città del sud Italia: prossimavolta svegliati!
Il fatto e’ che la maestra V. e’ parecchio gettonata perché, pare, non solo coinvolge i bambini in tanti progetti, ma fa in maniera tale che, alle primarie, questi bimbi restino poi assieme e per di più con le migliori insegnanti.
Io e Stoik abbiamo innanzitutto scelto la scuola in base alla vicinanza da casa (vince quella della maestra V.).
Poi, visto che all’interno dello stesso plesso funzionano sia delle sezioni comunali che statali, queste ultime un po’ più trascurate, abbiamo optato per le comunali (ancora maestra V.).
Avendo saputo che la maestra V., in genere, e’ scelta da genitori appartenenti ad una certa classe sociale, abbiamo avuto uno scatto verso scelte di pancia, che avrebbero potuto rivelarsi nefaste per i prossimi anni: scuola a dieci chilometri di traffico da casa! Trattenuto l’istinto, siamo andati ad incontrare comunque questa maestra, per vedere un po’ la scuola e conoscere qualcosa dei programmi e dei metodi a cui si ispirano.
In realtà il colloquio con la maestra non è andato poi tanto male, se non altro, meno di quanto io mi aspettassi.
Veniamo accolti da una maestra sulla sessantina, sorridente e ospitale, alla quale è piuttosto semplice porre le prime delle mie domande. Ci risponde con il buon senso che coniuga buona volontà e quello che può offrire un edificio della scuola pubblica del periodo fascista. Ma è dopo aver chiesto dell’inserimento e introdotto il carattere dei nostri due bambini, così legati a noi, curiosi e con un sacro e innato rispetto per l’autorità, che le chiedo timidamente se si ispira a qualche metodo pedagogico. Ed ecco che, con occhi orgogliosi, mi sfodera un “Certo! il nostro modello e’ quello di Reggio“. Sbang, colpita e affondata! Magari sarà solo uno sfoggio, ma per lo meno lo conosce. A quel punto le dico che ai nostri bambini piacciono tanto i libri e lei mi indica, all’interno della classe un espositore con dei libri a disposizione dei piccoli. Il che mi sembra una bella cosa. E poi, avendo capito i tipi e senza che io glielo chieda, ci dice che alcuni progetti pomeridiani sono rivolti al supporto psicologico della genitorialita’. Al mattino e per i bambini, invece, attivano, di anno in anno, laboratori in cui è sempre il bambino protagonista in prima persona: fotografia, teatro, argilla e così via.

Mi arriva voce che chi non sceglie la maestra V. lo fa perché pare sia un po’ rigida e incline a qualche punizione. Alla fine, se il Tigre e la Pulcetta capitassero con lei, penso che sarebbe proprio questo che li conforterebbe: una certa assenza di caos e un certo senso di ordine che serve ai miei figli per sentirsi più sereni.

Scegliere la scuola materna

imageFra qualche giorno si apriranno le pre iscrizioni per la scuola materna e così, genitori e figli, intraprenderemo i primi passi al di fuori del nido.
Cominceremo il percorso che ci porterà, finalmente, alla scuola pubblica.
Le mamme stanno per entrare in fibrillazione: quale è la scuola migliore?
E all’interno di questa, quale sezione e’ la migliore?
E la maestra migliore?
E i compagnetti migliori?
Terranno i bambini provenienti dal nostro nido tutti assieme?
E’ vero che gli alunni che escono dalla classe della maestra X, andranno poi nelle migliori sezioni della scuola primaria?
Ma insomma, ma di che stiamo parlando?
Per quanto mi riguarda, non avrei molta intenzione di influire su questi aspetti della vita scolastica e sociale dei miei figli.
Piuttosto, quello su cui sto cominciando a riflettere e’ il sistema scolastico italiano (come dire: riflettere sull’origine della vita! Eh, già, sono fatta così!).
Mi è capitato, in questi giorni, di parlare con una conoscente che fa l’insegnante di scuola materna da più di vent’anni in una delle scuole più gettonate della nostra (misera) città.
E quello che mi è sembrato di dedurne e’ che non c’è, da parte di queste maestre, un’attenzione al bambino come singolo individuo che interagisce con dei coetanei, ma, piuttosto, la convinzione che i bambini siano tutti uguali e che debbano uniformarsi e non fare i capricci.
“Come fai ad allontanarti da questo punto di vista quando hai ventisei bambini, tra i tre anni e mezzo e i cinque, da tenere a bada?” Si starà già chiedendo qualcuno.
Già, ma la pedagogia moderna e’ andata avanti, per fortuna e credo che questa visione sia un po’ obsoleta per i nostri tempi.
No, non sono di quelle mamme che “i miei figli non si toccano”, di quelle che “i miei figli hanno sempre ragione”, o “guai chi alza la voce con mio figlio” o “mio figlio può fare quello che vuole”.
Mi dicono (le educatrici o le altre mamme) che il Tigre e la Pulcetta sono “bambini buoni”; mi dicono che devono spingerli a essere meno remissivi ed educati. Giuro, io non ho fatto niente al di la’ dell’insegnar loro le normali norme di comportamento: “non spingere la sorellina”, “non strattonatevi i giochi”, “sarebbe bello se tu dicessi per favore” (a casa non lo fanno mai, a scuola, pare, diventano dei gentleman e delle gentlewoman!)
Ecco, visto la “particolare natura dei miei figli”, di bambini normalmente  seguiti ed educati, forse le mie domande alle insegnanti di questa futura scuola materna sarebbero:
quanti bambini conterrà ciascuna classe?
Perché, questo, per l’inserimento del Tigre, che è un bambino introverso e che non ama la confusione, potrebbe essere determinante.
Quanto tempo viene dedicato al gioco libero?
Perché sempre di una materna si tratta e questi bambini, di tre e quattro anni, sono ancora piccini.
E’ prevista la lettura, non dico giornaliera, ma almeno settimanale, di albi illustrati per bambini da parte dell’insegnante?
Mi dicono che, piuttosto, in alcune scuole, arrivati ad un certo orario in cui i bambini sono più stanchi, li mettono davanti alla tv a vedere i cartoni animati!
I bambini trascorreranno del tempo in palestra a fare dei semplici giochi motori?
E’ previsto, all’interno della scuola, un supporto psicologico per i genitori che ne sentissero il bisogno?
E dei colloqui con le educatrici in maniera tale da creare un ponte casa-famiglia?

Forse le mie sono delle domande un po’ stupide, alle quali so già dare una risposta da sola, ma voglio farle lo stesso. Cosa costa?

Un albero centenario, una storia e un’altalena sgangherata

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Oggi è davvero arrivato il 2014. Stoik l’immenso, il padre dei miei figli, e’ tornato al suo immenso lavoro; il Tigre e la Pulcetta sono tornati, volenti o nolenti (più nolenti che volenti!), al nido e, per me, si apre realmente questo nuovo anno.
Senza che nessuno di noi quattro se ne accorgesse, senza alcuna organizzazione-preparazione, abbiamo passato quasi due settimane assieme.
Non abbiamo fatto niente di che, in genere non viaggiamo mai nel periodo natalizio. Volevamo fare due giorni fuori per la befana, ma il maltempo ce lo ha impedito, così giorno sei (appena ieri!) abbiamo fatto solo una gita fuori porta a vedere un albero centenario, il castagno dei cento cavalli (la leggenda narra che diede ospitalità ad una regina e ai suoi cento cavalieri durante un acquazzone).
L’albero era un po’ malmesso, protetto da una alta palizzata in ferro. I bambini hanno goduto più della storia che della sua visione con le fronde spoglie e il tronco riparato con del legno di risulta.
Da noi le cose vanno così.
Ma a loro, per fortuna, basta una storia, lo stare assieme e una altalena sgangherata.